Seleziona una pagina

Direttore della “Gambalunga” e docente del “Valturio”, nel 1928 contribuì a fondare “Ariminum” che ebbe tra i suoi collaboratori il fior fiore della cultura cittadina


S’i’ fosse foco, ardere’ il mondo;

s’ i’ fosse vento, lo tempesterei;

s’i’ fosse acqua, i’ l’anegherei;

s’i’ fosse Dio, manderei l’en profondo;

s’i’ fosse papa, sare’ alor giocondo,

ché tutti cristiani imbrigherei;

s’i’ fosse ‘mperator, sa’ che farei?

A tutti mozzarei lo capo a tondo.

S’i fosse morte, andarei da mio padre;

s’i’ fosse vita, fugirei da lui:

similemente farìa di mi’ madre.

S’i’ fosse Cecco, com’i’ sono e fui,

torei le donne giovani e legiadre:

e vecchie e laide lasserei altrui.1

Fu il celebre sonetto di Cecco Angiolieri che affascinò la mente del giovane Aldo Francesco Massèra?

Aldo Francesco Massèra… chi era costui? Un Carneade del nostro tempo?

Sul verso:”Zio Aldo Massera” “Fratello della nostra mamma Margherita, bibliotecario della Gambalunghiana e padre della Diletta e nonno della Lella”. Originale di proprietà della nonna di Davide Bagnaresi. Copia digitale per la Gambalunga del 27/01/2015.

Dimenticato da tanti, ricordato da pochi, Massèra è stato uno degli ingegni della nostra città: nato ad Ancona nel 1883, fu illustre letterato e filologo, docente dell’Istituto Tecnico “Valturio” di Rimini e direttore della biblioteca “Gambalunga” fino alla morte avvenuta prematuramente nel 1928.

Trascorse l’infanzia a Bologna e frequentò il Ginnasio “Guido Guinizzelli” dove si distinse per le sue capacità: a soli sedici anni pubblicava un articolo su Dante e a diciotto anni un saggio su Cecco Angiolieri che divenne famosissimo e fondamentale per gli studi di tutti i filologi successivi.

Il poeta senese infatti era stato a lungo emarginato: contemporaneo di Dante, ne fu offuscato anche per una diatriba che li separò; probabilmente poi il tono scanzonato dei suoi componimenti, assai diversi dal “Dolce Stil Novo”, lo relegava tra i minori autori della letteratura italiana.

Un grande erudito dell’Ottocento, Alessandro D’Ancona, docente di letteratura italiana all’università di Pisa2, ebbe il merito, secondo le stesse parole di Massèra, “d’aver ricercato ed esposto con sana critica le poche notizie che su le vicende del poeta l’ invidia degli anni non ci avesse conteso, d’ avere raccolto ed aggruppato por la prima volta organicamente la non esigua eredità lirica di lui conservataci dai manoscritti, d’aver in fine gettato luce non piccola, oltre che su la vita e la poesia, su la società ed i tempi nei quali visse l’Angiolieri”.

In realtà il famoso saggio di D’Ancona era da considerarsi del tutto superato dopo la pubblicazione del diciottenne Massèra, il quale proseguì la sua carriera all’università di Bologna fino a giungere alla laurea a 21 anni discutendo una tesi sulla poesia burlesca letteraria in Italia nei secoli XII e XIII, con Giosuè Carducci e Severino Ferrari.

Già prima della laurea Massèra aveva esteso i suoi interessi anche a Boccaccio e addirittura suoi saggi erano stati pubblicati in autorevoli riviste di filologia italiane e tedesche.

In effetti il principale merito del giovane Massèra era di portare sul panorama letterario italiano la filologia su basi scientifiche, in modo da revisionare le ricostruzioni spesso eseguite arbitrariamente in passato.

La sua prima opera importante “I Sonetti di Cecco Angiolieri”, redatta già nel periodo degli studi universitari e pubblicata dopo aver superato una polemica con Carducci sull’uso dell’“h” con il verbo avere, è da considerarsi una pietra miliare per lo studio del poeta senese ed ancora oggi, sebbene vi siano dissensi sull’attribuzione di alcuni sonetti, il suo testo è la base per le edizioni delle opere dell’Angiolieri.

Le sue capacità e la sua erudizione gli assicurarono una cattedra nel 1905 presso il Ginnasio superiore di Rimini e nel 1909 la direzione della prestigiosa biblioteca “Gambalunga”, carica che mantenne fino alla morte, ma che gli procurò inizialmente notevoli problemi: una velata critica al predecessore Carlo Tonini, venerata icona cittadina, lo fece bersaglio di contumelie anche feroci e gli bloccò di fatto la carriera nella città.

Tuttavia i suoi interessi letterari non diminuivano e scrisse su riviste accademiche saggi e articoli relativi principalmente alla letteratura italiana del Trecento.

La fine della prima guerra mondiale gli diede nuovo smalto: Massèra potè pubblicare nel 1920 “La poesia burlesca letteraria in Italia nei secoli XIII e XIV” per poi allargare i suoi orizzonti con un’edizione critica del “Decameron”.

Il successo e la considerazione del Massèra filologo e storico della letteratura, che spaziava anche nella lingua latina analizzando le opere minori del Boccaccio, divenne sempre più ampio nell’ambiente accademico e nel 1922 egli conseguì la libera docenza presso l’Università di Bologna.

Massèra tuttavia non abbandonò mai l’insegnamento nella scuola superiore: divenuto fin dal 1907 docente dell’Istituto “Valturio”, contribuì alla nascita di un pregiatissimo “Annuario” che costituisce tuttora testimonianza degli alti livelli culturali raggiunti dalla scuola.

Roberto Valturio insieme ai Malatesti e alla loro corte fu oggetto del rinnovato interesse di Massèra, il quale, come giustamente ha rilevato il Matteini, divenne “cittadino riminese di adozione ed amore”: iniziò una rivisitazione del periodo più fulgido della città, ricostruendo vite, ambienti e riportando all’attenzione le opere dei poeti di corte.

“Per il mio destro mezza lama, per ,il mio amore l’intera anima». Massèra dedicò questa curiosa immagine, che lo vede duellare, ad una donna non ben identificata. Per Oriana Maroni e Maria Cecilia Antoni la donna era Adriana Battaglini (Archivio Fotografico della Biblioteca civica Gambalunga).

Nel 1927 il grande filologo stabilì un rapporto di amicizia con Tullio Busignani, il quale, impressionato dalla vasta cultura, dalla conoscenza di molteplici lingue, dalla scientificità del suo approccio e dal rigore storico, lo nominò direttore di una nuova rivista culturale che Busignani stesso, diventato podestà di Rimini, volle pubblicare per rendere più vivace l’ambiente culturale riminese.

La rivista, antesignana della nostra, si chiamava “Ariminum” e divenne la palestra per tanti personaggi che sarebbero risultati poi un punto di riferimento del mondo cittadino e non solo, come Augusto Campana, Luigi Pasquini, Mario Albini, Carlo Lucchesi, Luigi Silvestrini ed altri tra cui il pittore Gino Ravaioli che ne disegnò la copertina.

Massèra nel frattempo non dimenticava l’impegno di bibliotecario per rendere più moderni i locali e più fruibile al pubblico il patrimonio librario della “Gambalunga”: sua fu l’iniziativa di porre la biblioteca su nuovi e più attuali basi per diffonderne la conoscenza nella città, divulgando le proprie idee con un illuminante articolo sul primo numero di “Ariminum”: Il Risorgimento della Gambalunga

Purtroppo, proprio quando ancora la vita sembrava assicurargli ulteriori fortune, il destino gli riservava un’amara sorpresa: mentre accompagnava il figlio diretto in Sardegna, Massèra contrasse a Civitavecchia una nefrite che lo condusse rapidamente alla morte. Aveva solo 45 anni.

Rimini, dopo avergli dedicato una via, lo ha dimenticato ma due convegni, organizzati nel 2015 e nel 2016 dall’università di Ginevra e dalla “Gambalunga”, hanno evitato che il suo nome si disperdesse nell’oblio.

Note

1I Sonetti di Cecco Angiolieri” Per cura di Aldo Franc. Massèra, Bologna, Nicola Zanichelli, 1905, sonetto LXXXVI, pag. 46

2D’Ancona fu amato docente di Giovanni Gentile che non si dimenticò del suo maestro e coraggiosamente lo celebrò apertamente durante il regime fascista nonostante D’Ancona fosse ebreo

Ariminum, maggio giugno 2016