Una visione può essere anche intimista. Sono andato a Pratieghi,
una frazione di Badia Tedalda accanto alle sorgenti del Marecchia, e
ho sostato al bar: sono passato tante volte in quel paese ma non mi
ero più fermato dal lontano 1967. C’era una donna novantenne al
banco che mi ha detto di essere sempre vissuta nel remoto villaggio
e le ho chiesto se si ricordava qualcosa di 55 anni prima. Qualche
vago barlume ma nulla di più.
Forse avrei dovuto insistere e chiedere. Purtroppo ̀ arrivata
la nostalgia, l’etimologico dolore del ritorno: ripensare a certe
circostanze dopo tanti anni mi ha creato una strano stato d’animo,
una sorta di visione a cui mi aggrappavo, come se non volessi
rompere un incantesimo.
Era dolce naufragare in quel mare: in quel luogo io viaggiavo
magicamente indietro nel tempo di 55 anni e quindi i personaggi da
me conosciuti erano ancora vivi. Ma la visione era solo per me: gli
altri che mi accompagnavano, ovviamente, non potevano sapere, ǹ
percepire, nulla.
Era un mio mondo, ricostruito tramite la memoria, che spesso
inganna perch̀ labile e infedele, un mondo che per certi aspetti
forse non era nemmeno del tutto esistito, ma che non volevo
rovinare.
Perciò ho salutato quella donna, ho guardato il paese e la chiesa,
forse l’unica costruzione che ricordavo, ho visto il sentiero per
le sorgenti e me ne sono andato, timoroso di distruggere quella
magia che la mia mente aveva creato. Desideravo ardentemente
mantenere il caro ricordo di chi ha vissuto con me come se fosse
ancora vicino a me, non con il corpo ma con l’immagine che si ̀
formata in me e che voglio resti sempre.
Questa ̀ la vera immortalità umana, almeno per me.