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Una visione è ricorrente, per la verità un incubo: 51 pale eoliche, di altezza imprecisata ma sicuramente superiore al grattacielo, incombono davanti alla costa di Rimini.
Non potrò più ammirare dalla cima del molo quel profilo del mare infinito, nello stesso tempo rassicurante, rilassante e melanconico, di una poesia e dolcezza impareggiabili, specie in quelle giornate d’inverno quando la linea dell’orizzonte si confonde con il cielo: 51 pale confineranno lo sguardo rinchiudendolo.

So di essere un moderno Don Chisciotte, «il più ingenuo dei bambini che si stronca fra le pale dei mulini, un testardo e idealista con troppi sogni nel cervello», ma ancora non mi rassegno che in nome di una assoluta necessità si debba violentare in questo modo un paesaggio così romantico che per tanti secoli ha addolcito la nostra città.

Qualcuno ha detto che il profilo della costa è già penoso: quindi, seguendo questo ragionamento, perché non renderlo sgradevole anche dall’altra parte? Qual è il problema di eliminare quindi anche la parte migliore del panorama?

Non comprendo perché il concetto di paesaggio sia estromesso nella tutela dell’ambiente e sono sospettoso della santa alleanza di vari soggetti di solito sempre su sponde contrastanti ma qui uniti a colpire il nemico numero uno, le Soprintendenze del Ministero della Cultura, che pongono obiezioni per tener conto della bellezza dei luoghi.

Per costoro non si possono installare le pale in zone meno invasive soprattutto per un territorio ad alta vocazione turistica: «C’è anche una questione di costi» si ribatte. Allora questo interesse economico riemerge, questa volta però benedetto, a favore principalmente di società private e l’ambiente si sposa
così con il lucro.

Intendiamoci, desidero anche io che si cerchino fonti alternative, che si riduca la dipendenza dal gas fino ad annullarla, ma esperti ambientalisti come Marco Zaoli, non certo incalliti adoratori degli idrocarburi, insieme alla premiata organizzazione Basta Plastica in mare (e Italia Nostra la pensa allo stesso modo) ci mettono in guardia: «si abbandonino proposte dannose e impattanti di mega-impianti sul nostro territorio e sul nostro mare».

Si è ripetuto all’infinito che la bellezza salverà il mondo ma alla prima occasione proprio la bellezza è sacrificata all’altare dell’utile.