Seleziona una pagina

“Un nuovo modo di conoscere Rimini e la sua storia” potrebbe essere il sottotitolo della nuova fatica di Oreste Delucca, il notissimo storico della nostra città premiato nel 2013, con pieno diritto, del Sigismondo d’oro per i suoi meriti culturali.

In Toponomastica riminese, edito da Luisè, Delucca in modo originale combina infatti la storia con la geografia, vero e proprio occhio della storia stessa: attraverso il suo viaggio per strade e quartieri, si scopre la Rimini segreta e si svelano misteriose origini di quelle intitolazioni di luoghi che nel corso del tempo sembravano aver perduto ogni motivo del loro nome

Non è la prima volta che lo storico si avvicina a questa forma di analisi della città attraverso la storia del suo territorio: ricordo ad esempio il suo intervento in una pregevole opera collettiva, di oltre vent’anni fa, La contrada dei magnani (che non sono una famiglia ma coloro che svolgevano mestieri manuali, come giustamente ci ricorda Delucca).

Questa volta però l’impresa, che definirei titanica e che solo uno storico del calibro di Delucca poteva compiere, è completa: non c’è letteralmente angolo di Rimini che non venga visto nel suo divenire, in un moto diacronico continuo che affascina. E dire Rimini è comunque limitante, perché nel libro si getta uno sguardo anche al territorio circostante.

Si resta letteralmente colpiti dalla capacità di risalire, attraverso l’etimologia e una finissima ricerca archivistica, all’origine dei nomi e di fatto alla storia di vie, di piazze e piazzette, ancora esistenti o scomparse.

E se ciò non bastasse, Delucca si tuffa nell’idronomastica, cioè ci spiega il significato dell’origine anche di fiumi e bacini lacustri: e sempre con quell’acribia per cui, da vero storico, ogni affermazione è motivata e giustificata.

Eppure l’autore ha cura di precisare che “dato il suo carattere divulgativo, questo lavoro non riporta note archivistiche o bibliografiche”: di ciò non si deve scusare perché proprio questa peculiarità rende il libro godibilissimo e agile, quasi un breviario di una Rimini segreta per chi vuole curiosare girovagando per la città.

Forse è proprio questo lo scopo dell’opera: suscitare interesse e invitare a scoprire i vari luoghi, a volte misteriosi a volte sconosciuti perché viviamo in un tempo postmoderno fatto di solo presente. Conosciamo così bene Rimini che ci siamo a volte dimenticati di come è e di com’era ed anche chi non è più giovane ha la possibilità di capire il significato di certe espressioni dialettali che forse aveva sentito e che l’oblio aveva sepolto.

L’apparato iconografico è esemplare: antiche mappe, catasti vecchi e nuovi, fotografie d’archivio o recenti, miniature di manoscritti: tutto quello che in qualche modo può rappresentare graficamente è stato utilizzato da Delucca per spiegare al lettore la funzione dei luoghi fin dal medioevo, quand’anche non vi siano reminiscenze più classiche. La stessa impaginazione con le immagini affiancate al testo rende immediata la comprensione delle parole dello storico.

Si potrebbe pensare che la descrizione di un toponimo sia limitata alla sua origine: l’autore invece descrive uno spaccato della vita quotidiana per ogni luogo esaminato, inserendo la storia sociale ed economica, nonchè gli usi e le tradizioni, cosicchè alla conclusione della lettura si ha una visione veramente diacronica di Rimini e dell’evoluzione della società.

Un esempio è l’esame dell’antico quartiere Sant’Andrea e della via dei Molini, strada posta in centro ma in forte pendenza; la permanenza del nome (già da molti anni non vi sono molini) è quasi una scusa per Delucca per intrattenerci sulla storia economica riminese: la funzione dei molini stessi, la loro origine ed evoluzione, il ruolo fondamentale per l’alimentazione della popolazione cittadina, ma anche della produzione tessile dovute alle “gualchiere”, di cui peraltro si occupava l’antico monastero degli Umiliati e Umiliate, oggi sede delle Maestre Pie.

Di qui lo sguardo dell’autore si rivolge alle due cinte urbane, la romana e la medievale, e ci illustra i motivi, anche fiscali, per la costruzione della seconda: tutto ciò corredato dalla più antica mappa di Rimini, del 1520, da planimetrie successive e da fotografie del passato e attuali.

Più o meno molti di noi sanno che in una parte di Rimini, vicina al porto, si trovavano quelle case che nel 1958 saranno chiuse: Delucca ci informa che la gestione dei postriboli “veniva assegnata per bando pubblico al miglior offerente, il quale doveva pagare un apposito dazio commisurato agli introiti presunti”. Nel 1464 Sigismondo concesse uno sconto per i minori incassi dovuti alla guerra, ad un epidemia e ad altri accidenti. Ma lo storico ci illustra altresì le principali norme a cui erano tenute le prostitute e la composizione edilizia del postribolo.

Ancora l’autore ci illustra la “via degli Alberghi o delle Osterie, indicando prezzi e i vini bevuti in epoca malatestiana; ci spiega il ruolo delle “stufe”, equivoci bagni pubblici o terme che rinfrancavano, da ogni punto di vista, i viandanti.

Personalmente ho apprezzato anche la ricostruzione storica del borgo San Giuliano, quel borgo così ricco di testimonianze che solo un tecnico senza senso storico poteva pensare 50 anni fa di radere al suolo per ricostruire, secondo il noto detto di Mao che per costruire bisogna distruggere.

Ebbene, Delucca, come tanti altri (e penso ad un altro grande storico riminese, Giovanni Rimondini) naturalmente valorizza il borgo ma spiega anche il perchè di quelle curiose denominazioni e dei tracciati di vie e viuzze; ci ripresenta l’antico nucleo prima delle demolizioni compiute dal podestà Palloni.

Qualcuno potrebbe dire di ciascun luogo: nulla di nuovo, Tizio lo aveva già scritto. Ma qui sta la grandezza di Delucca: se anche qualcuno ne aveva accennato, egli compie una straordinaria opera di sintesi che il lettore comune non può che apprezzare e che anche l’erudito consulterà come utilissima miniera di notizie.