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Sul Corriere della Sera è apparsa la notizia che un dossier segreto del Ministero della Guerra sui crimini commessi e gli incidenti stradali, spesso mortali, causati dalle forze alleate in Italia dopo l’8 settembre 1943, è stato ritrovato dal presidente dell’“Associazione nazionale vittime delle marocchinate” Emiliano Ciotti presso l’Archivio Centrale dello Stato. A questo proposito peraltro i riminesi conservano lo straziante ricordo del Beato Alberto Marvelli, deceduto proprio perché investito da un camion militare che viaggiava a folle velocità.

Il voluminoso corpus è composto da denunce e relazioni provenienti in genere dai carabinieri e dalla polizia italiana e tra i tanti documenti allegati vi è in particolare un rapporto dattiloscritto senza firma e intestazione, specificatamente rivolto al nostro territorio, con oggetto “comportamento truppe alleate” e datato 4 ottobre 1944: esso riveste quindi grande significato storico perchè riguarda il periodo immediatamente successivo alla liberazione. In tre pagine si riassumono le denunce verso i misfatti delle truppe canadesi e greche sia per le loro condotte criminose nei confronti della popolazione, sia per i reati contro il patrimonio compiuti durante il passaggio del fronte.

Il rapporto inizia con “Fonti attendibili comunicano le seguenti notizie…” e all’interno di esso vi sono a volte denunce a volte generiche ma anche alcune circostanziate come la casa delle suore di Miramare saccheggiata, il castello di Gradara depredato, la “Villa Ruspoli” a San Lorenzo in Correggiano devastata e privata di tutto.

Quest’ultima è la “Villa des Vergers”, citata nel rapporto come “Villa Ruspoli” perché all’epoca residenza del principe Don Mario Ruspoli di Poggio Suasa; in base alla denuncia del proprietario, all’elegante dimora, già utilizzata come quartiere generale dai tedeschi, furono asportati “argenteria, quadri, mobili, biancheria, materassi, porcellane, statue, libri, oggetti personali, ecc. […] Gli oggetti presi nella Villa Ruspoli erano stati murati in diversi nascondigli. La ricerca di questi nascondigli sembra sia stata minuziosa, perché i muri presentano tracce di piccone in ogni parte che potesse far pensare che dietro ci poteva essere un vano vuoto […] I Ruspoli hanno denunciato il fatto all’A.M.G. dell’8ª armata (group Capt. Bencon). Attaulmente vi è una inchiesta in corso”. Le indagini non dovettero portare a grandi risultati perché il nobile vendette nel 1946 all’italo americano Attilio Castiglioni la villa ancora in uno stato deplorevole, perdurante in gran parte fino agli anni sessanta.

Il rapporto cita il fatto che il sindaco di Riccione, data l’ottima conoscenza della lingua inglese, tentò di mettere un freno al comportamento delle truppe alleate: si trattava del compianto Gianni Quondamatteo, l’insigne studioso del dialetto romagnolo e dei “mangiari di Romagna”.

Particolarmente grave è la denuncia che “nelle vicinanze del castello di Gradara la metà di settembre una ragazza venne violentata brutalmente da sei Canadesi ubriachi e poi lasciata in condizioni pietose; da alcuni ufficiali canadesi sopravvenuti la ragazza fu portata all’ospedale militare di Cattolica ove il medico del Comando Alleato ne rifiutò il ricovero; fu riportata allora a Gradara dove i carabinieri del posto stesero un rapporto dell’incidente.”

Questo fatto soprattutto ripropone la questione del rapporto tra popolazione civile e guerra: a prescindere dai fenomeni di Resistenza repressi brutalmente e ferocemente dai tedeschi e dai loro sodali fascisti, anche gli innocenti che cercavano di sopravvivere erano terrorizzati dal passaggio del fronte, come giustamente ricorda il rapporto. Di solito si ricordano armi, bombe e spari come fonte di paura, ma non si dimentichi che purtroppo le donne dovevano sopportare un altro terribile incubo: la violenza della soldataglia, di ciascuna parte.

L’arma costituiva allora non più mezzo di combattimento verso il nemico ma comodo strumento di offesa per intimorire le indifese. Vari racconti testimoniano in quale situazione di pericolo continuamente versasse la popolazione femminile, già fortemente disagiata per l’assenza di cibo e acqua e per le condizioni igieniche impossibili: alcuni parenti mi hanno raccontato che costruirono sotto un pollaio una buca dove si rifugiavano le donne, anche per ore, quando un anziano di vedetta da lontano segnalava la presenza di militari nei paraggi.

“Le popolazioni, già vessate dai tedeschi, e che attendevano con ansia le truppe liberatrici furono terrorizzate” prosegue il rapporto; il timore è che “le popolazioni delle zone che vengono man mano liberate possono anche rimpiangere il regime fascista e la dominazione tedesca”.

Ciò in realtà non avvenne: ben pochi, più legati per vari motivi al fascismo, ricordavano gli anni del regime con nostalgia: la grandissima parte del popolo accolse gli Alleati con giubilo, anche perché poi a questi odiosi crimini si unirono la fine della dittatura e dell’occupazione germanica, il ritorno della vita nelle città, la democrazia e, specie grazie all’aiuto americano, l’arrivo di quei beni indispensabili per sopravvivere. Si deve tener conto che i soldati alleati provenivano da molte parti del mondo, spesso con culture molto diverse, che il nostro territorio è cosparso di cimiteri di guerra del Commonwealth, dove riposano giovani che sacrificarono la loro vita per la nostra libertà e che l’alcool era causa di molti delitti: valeva ancora ciò che aveva detto il tenente colonnello Abbati a Lussu, “l’anima del combattente di questa guerra è l’alcool. Il primo motore è l’alcool.”

Esaminare queste vicende non è quindi questione di revisionismo ma giusta ricerca storica, perché il quadro degli eventi sia più possibile completo sotto tutti i punti di vista. Occorre peraltro ricordare non solo che in tutte le epoche il passaggio di un fronte comporta sempre e inevitabilmente lutti e distruzioni, persino negli eserciti che pure vengono ritenuti dalla popolazione come liberatori, ma anche che era stata l’Italia, dittatura alleata ad un’altra feroce dittatura, che aveva dichiarato la guerra agli Alleati e spesso, nel caso della Grecia, ne aveva occupato il territorio provocando il risentimento degli abitanti.