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Medaglia d’argento al Valor Militare nella Grande Guerra, dopo la grande offensiva austriaca, il sottotenente riuscì a riunire un folto gruppo di soldati dispersi e a portarli in salvo

È affascinante pensare alla Storia con la esse maiuscola come ad un mosaico composto da tante storie con la esse minuscola, tessere più o meno grandi di un quadro, di un evento, di un percorso, di una trama più grande e complessa. Ciò che più colpisce è che queste tessere sono uomini e donne, persone con una vita ordinaria, che improvvisamente, spesso contro la loro volontà, devono compiere atti straordinari. Ed una di queste tessere è stato Antonio Valmaggi.

Riminese di talento, aveva ricevuto la possibilità di studiare a Roma al prestigioso Collegio Nazareno, fondato grazie al cardinale Michelangelo Tonti; un suo specifico lascito era attribuito a studenti poveri ma meritevoli, tra cui due riminesi, e tuttavia il collegio era frequentato dalla nobiltà romana e considerato di altissimo livello (ed ora destinato a diventare un Grand Hotel… o tempora o mores!).

Valmaggi, il cui ricordo è custodito affettuosamente da Giorgio Cetera, aveva appena conseguito la maturità classica, quando, scoppiata la Grande Guerra, fu arruolato come sottotenente di complemento in un reparto di zappatori: nel 1918, a 21 anni, si trovò ad essere sul punto delicato del fronte italiano, la foce del fiume Piave dove vi era una pericolosa testa di ponte austriaca.

Valmaggi in grigioverde nella Prima Guerra Mondiale

In verità l’impero austriaco, pur vittorioso a Caporetto, era ormai allo stremo: il 30 aprile 1918 Vienna era senza cibo ed erano stati depredati addirittura barconi di provviste diretti in Germania, creando un incidente diplomatico tra i due alleati. Occorreva quindi la battaglia risolutiva per piegare definitivamente un’Italia in ginocchio sul Piave e si lanciò il 15 giugno 1918 l’offensiva più poderosa della guerra, quella che D’Annunzio chiamerà “la Battaglia del Solstizio”, in cui si confrontarono 60 divisioni austriache contro 56 italiane.

Valmaggi non conosceva le decisioni dell’Alto Comando nemico e non sapeva che l’attacco denominato “Albrecht” avrebbe interessato proprio la sua posizione: il suo reggimento, facente parte della Brigata “Arezzo”, XXIII corpo d’armata, a sua volta elemento della 3a armata al comando del Duca d’Aosta, fu inizialmente travolto. È difficile capire quali pensieri possano affollare la mente di un giovane di 21 anni in quei frangenti: paura, disperazione, rassegnazione oppure volontà di reagire, determinazione, resistenza, voglia di vivere… E che fare quando tutto sembra perduto?

Facendo leva sulle risorse del suo carattere, Valmaggi non ebbe paura, non disperò, non si rassegnò: con grande forza d’animo riuscì a riunire i soldati dispersi, li rincuorò, ricostituì nn gruppo di combattenti decisi, contrattaccò nemici che stavano rifocillandosi e liberò i loro prigionieri. Al comando di questa grande pattuglia si fece strada verso le linee italiane, combattè aspramente, sfuggì alle mitragliatrici e, costruendo un’improvvisata passerella, superò addirittura un canale portando in salvo i suoi soldati, compresi i feriti.

L’azione destò l’interesse del Comando che concesse subito al giovane ufficiale riminese la medaglia d’argento al Valor Militare.

La vita avventurosa di Antonio Valmaggi non terminò: egli fu coinvolto in altri eventi confermando con le sue vicissitudini ciò che pensava Eraclito, che il carattere di un uomo è il suo destino.

L’attestato di concessione della Medaglia d’Argento ad Antonio Valmaggi per l’azione del 15-25 giugno 1918.

Ariminum, luglio agosto 2014