Prefazione al volume di Amedeo Montemaggi “Linea Gotica 1944. La croce e la spada. I parroci e i generali, popolo e soldati, sulla Linea Gotica Orientale. La narrazione della guerra tra fatti militari e sofferenze dei civili.
Si veda https://montemaggi.it/linea-gotica-1944-la-croce-e-la-spada/
La storia è ricerca. Sembra banale ricordare che il termine «storia» deriva da una parola greca che significa indagine, ricerca, i cui esiti naturalmente devono essere poi raccontati. Amedeo Montemaggi aveva il culto di Tucidide, il greco che più ogni altro ha formato la scienza storica; Tucidide era stato anche attore nella storia che narrava, mio padre fu solo un semplice spettatore sulle cui spalle però erano caduti lutti e distruzioni, condanne e pericoli. Ma l’anelito a spiegare quello a cui aveva assistito era il medesimo.
Pertanto la sua vita è stata una continua ricerca, nelle fonti e nelle testimonianze di come si erano svolti i fatti che lo avevano visto testimone. Non si accontentava di leggere i libri di altri, compreso quello di Douglas Orgill che tanto lo ispirò, ma voleva verificare, approfondire e capire le ragioni ultime di quel colossale massacro che aveva vissuto.
Questo lo ha reso un grande storico, non un divulgatore di notizie altrui ma un ricercatore di prima grandezza – tuttora insuperato nel campo della storia della Linea Gotica – che sapeva come indagare e come raccontare. Nessuna opera, anche successiva, su questo tema è minimamente comparabile con i libri redatti da Amedeo Montemaggi. E questo suo frutto, in parte inedito, con le sue minuziose ricerche e le testimonianze raccolte, dà sicuramente la misura della vastità e dello spessore degli studi compiuti per ricostruire le operazioni belliche svolte in occasione di questa offensiva; mostra in modo inequivocabile che anche nel tratteggiare un aspetto, comunque non secondario, della guerra, egli aveva un’assoluta padronanza degli argomenti ed era un formidabile e instancabile indagatore di ogni angolo della storia della tragedia che aveva colpito la nostra terra.
Nell’incessante corsa contro il tempo per raccogliere le maggiori informazioni possibili, tutto poteva e doveva essere esaminato e valutato, che fossero le memorie di Alexander o il diario di un prete di campagna. Nell’immenso mosaico composto da milioni di pezzi che erano le vicende belliche avvenute nel 1944 in Italia, la ricostruzione non poteva infatti tralasciare la vita di tutti i giorni, dal momento che ogni riferimento statale era sparito o era visto con comprensibile timore. La Repubblica Sociale Italiana, che nominalmente governava questo territorio, era di fatto suddita dell’occupante tedesco: spesso i suoi esponenti locali erano malvisti, rappresentati molte volte da loschi figuri che, come farfalle, stavano vivendo una stagione effimera, ma con un temporaneo potere i cui abusi e soprusi spesso portavano alla morte di chi non soggiaceva. C’erano in verità anche brave persone, convinte che rivestire un ruolo per lo Stato servisse ad alleviare la difficoltà della gente, tanto gravose soprattutto quando la linea del fronte si stava avvicinando. Ma i comuni cittadini, di denti, percepivano poco di questo intento.
Mio padre si rese conto dell’insostituibile ruolo che molti parroci rivestirono in questo doloroso frangente: l’assenza di soggetti nella struttura statale di cui ¬darsi portavano i martoriati Italiani ad affidarsi a quelle persone che invece avevano finora rappresentato una ¬gura autorevole proprio nei momenti forti della vita: nascita, matrimonio, morte. A chi dunque rivolgersi quando tutto sembrava perso, quando ogni giorno portava distruzione e dolore? Ma il prete era anche un uomo, un osservatore speciale perché poteva vedere in modo più penetrante gli eventi, spesso interloquire con gli occupanti tedeschi, intercedere per povere famiglie; perciò le loro narrazioni, quando ci sono giunte, o le loro testimonianze, specie se i protagonisti erano ancora viventi, diventano cruciali per dipingere un mondo di lutti e devastazioni che sembrano avvenute secoli fa e che i giovani faticano a comprendere.
Tutto ciò è importante per la vita di tutti i giorni ma potrebbe sfociare in una cronachistica aneddotica: quando ci si so erma troppo su episodi anche curiosi si corre il rischio di perdere la visione d’insieme. Qui emerge lo storico di valore che dipinge, come in un affresco, la piccola storia nella grande storia. Senza mai perdere di vista il quadro generale, la narrazione del fatto è inserita, con tocchi magistrali, nella vasta ricostruzione geopolitica mondiale; Amedeo Montemaggi riesce a coniugare la vicenda di un parroco nella campagna riminese con le decisioni che venivano prese da Churchill, Roosevelt e Stalin. Il singolo episodio è così inserito in una grande cornice, in modo da trarre motivazione e spiegazione e soprattutto far capire quanto determinante siano stati anche piccoli fatti.
Fortunatamente questa sfida fu raccolta all’epoca da «Il Ponte» e segnatamente favorita da don Piergiorgio Terenzi: il periodico infatti pubblicò numerosi articoli proprio con lo scopo pre¬ssato dallo storico di rendere manifesta ai lettori la tragedia della guerra e l’opera fondamentale di tanti giusti, quali furono i sacerdoti, nell’alleviare le sofferenze della popolazione. Questi articoli tuttavia correvano il rischio di essere dimenticati o comunque di difficile consultazione, data l’assenza di raccolte specifiche o di materiale digitalizzato.
Per questo motivo la nostra famiglia ha ritenuto che questo libro, edito parzialmente con gli articoli de «Il Ponte», composto nel 2004 e destinato ai figli, abbia ancora una sua piena validità per essere un’opera utile agli storici e agli appassionati di storia.
L’operazione ci pare assolutamente pregevole per il fatto che l’autore riesce a fondere continuamente i vari aspetti della guerra: la descrizione della tattica militare nelle varie operazioni si so erma sugli effetti verso i soldati, verso i territori e verso i civili, componendo così un quadro completo del dramma vissuto dagli attori consapevoli o inconsapevoli. Gli atti ufficiali, le memorie dei protagonisti, i diari dei parroci e le testimonianze dei civili assumono quindi tutte un senso; non sono elementi slegati ma fanno parte tutte della narrazione: l’autore innesta la cronaca minuta nello svolgimento bellico quasi impercettibilmente cosicché il duplice aspetto civile e militare diventa quel terribile unicum che fu il cosiddetto «passaggio del fronte». Ne emerge l’orrore della guerra, della sofferenza e della morte, a volte atroce, che colpisce non solo i combattenti ma anche innocenti che un destino ingiusto ha posto nel momento sbagliato nel luogo sbagliato.
È una visione totale in cui la precisione nei dettagli militari, per la quale l’autore era rinomato, non è fine a se stessa ma si pone in relazione alla memorialistica per ottenere un risultato finale che soddisfi l’interesse di molteplici categorie di lettori. E tutto ciò senza rinunciare alla sintesi, vera dote del grande storico.
Amedeo Montemaggi ha iniziato e condotto le proprie ricerche quando gran parte dei protagonisti era ancora viva, specie i testimoni locali e i combattenti sul fronte; ora gli stessi, per l’inesorabile legge del tempo, sono scomparsi. Si tratta di fonti irripetibili e perciò la ricerca in questa direzione è divenuta impossibile: ciò attribuisce un valore inestimabile dal punto di vista storico all’operazione dell’autore. Occorre comunque ricordare che si tratta in parte di testi scritti a volte in occasioni di manifestazioni, ricordi, eventi celebrativi, in date differenti e risalenti anche nel tempo: essi vanno perciò non solo contestualizzati all’epoca in cui furono redatti ma anche alle idee dello storico di quel momento. Anche queste ultime in fondo sono un divenire che, in base agli studi, alle ricerche e alla mentalità non fissa e immutabile dello storico, documentano il continuo anelito a scrivere più vicino possibile al vero ciò che accadde durante l’immane follia della guerra in questo territorio.
Ciò, unito ad un’inevitabile riproposizione, nel corso della narrazione, di strategie, di fatti o di rappresentazioni di vari attori e protagonisti, rende a nostro parere ancora più affascinante la lettura, perché pone in luce anche l’evoluzione del pensiero e rende l’opera particolare e unica nel suo genere. Per questo motivo non abbiamo ritenuto di intervenire nei testi, quand’anche a volte risultassero non sempre coerenti tra loro soprattutto in considerazione del fatto che l’Autore è deceduto nel 2011: in fondo in questo modo la sua opera gli sopravvive. Ringraziamo pertanto don Giovanni Tonelli per aver compreso l’importanza dell’operazione che gli abbiamo proposto e quindi favorito la pubblicazione, Gigliola Bartolini e Ruben Martinini per l’assistenza nella redazione del volume.
Siamo convinti che il lettore non resterà deluso dall’opera e che comprenderà meglio l’andamento e le ragioni dei combattimenti svolti sulla Linea Gotica, nonché le sofferenze patite dalla popolazione.