Giovanni Gentile nella pubblica opinione è ricordato non tanto per i suoi studi, non per le sue idee, e neanche per i suoi errori, persino nemmeno per la sua morte, ma per la riforma della scuola.
Gentile ha sempre pensato quale importanza avessero gli studi umanistici in ogni ambito educativo e invece una legge, approvata alla chetichella durante le Olimpiadi ma fondamentale per tanti ragazzi, trasforma alcune scuole quasi nella sede distaccata di un’impresa, chiamandole «filiera tecnico professionale», come se non ci fossero differenze tra le due parole e i due tipi d’istruzione. Perché «filiera» anziché «istituto» o «liceo»? Gli alunni di queste scuole sono differenti, figli di un dio minore, prodotti di una catena di montaggio? Una larvata forma di classismo? E perché nella legge si usa il termine «addestramento»? Sono animali, soldati? Perché assimilare gli istituti tecnici alle scuole professionali, cancellando secoli di elaborazioni teoriche sull’educazione? Perché insultare l’intelligenza dicendo che in 4 anni si insegna meglio che in 5? Perché abolire l’ultimo anno di scuola, proprio l’anno in cui si formano le coscienze?
Sospetto che con queste scuole lo scopo sia abolire la cultura generale perché educa allo spirito critico. Capitan Giulietti aveva frequentato la scuola tecnica, a 15 anni era salito a lavorare su un veliero ma si era reso conto quanto fosse importante lo studio della filosofia e pure del latino, oltre che dell’inglese e delle materie scientifiche: presentò una proposta di legge in questo senso, chiedendo fra l’altro di denominare gli attuali istituti tecnici «licei tecnici», per nobilitare questo tipo di studi. Al contrario ora si riporta la scuola all’Ottocento, proprio quella che lui stesso aveva frequentato e che riteneva così manchevole.
Ho avuto la visione della scuola futura: innanzitutto ideata, formata ed elaborata da docenti che hanno insegnato almeno vent’anni in tutte le scuole, togliendo tanti nomi inutili, licei, istituti, «academy» ecc; una scuola in cui le materie scientifiche siano contemperate con altre che diano la conoscenza del mondo e della sua storia e stimolino lo spirito critico.
La scuola deve essere la fabbrica dei sogni, il periodo dell’esistenza in cui, confrontandosi con la realtà e percependo la propria maturazione, una persona acquisisce la coscienza di cosa vorrà fare della sua vita. Una volta terminata questa vera educazione allora, e solo allora, lo studente sarà diventato cittadino consapevole e potrà scegliere il suo futuro.
E lasciamo da parte PCTO (burocratese per lavoro gratuito), filiere, addestramento e tante altre amenità: gli studenti avranno tutto il tempo di misurarsi con il mondo delle attività, tanto più che, con l’età pensionabile che si sposterà sempre più avanti, si potrà chiamare ergastolo (che in greco significa appunto inviato al lavoro).