La nuova biografia di Marco Sassi
Un’opera essenziale per la comprensione e la rivalutazione di un personaggio fondamentale della storia italiana ed europea
Diciamolo subito: chiunque ami la storia e in particolare quella della nostra città e dei riminesi che si fecero onore, non può non leggere Amilcare Cipriani il rivoluzionario di Marco Sassi (Bookstones editore, Rimini, 2019).
Amilcare Cipriani purtroppo era diventato sconosciuto agli stessi riminesi e incompreso da molti connazionali: spesso, soffermandosi solo su alcune sue frasi o su alcune sue azioni, si era data una lettura parziale e fuorviante del personaggio.
A distanza di più di cento anni dalla sua morte, Sassi, onorando in un certo senso proprio quel desiderio di giustizia che animò sempre Cipriani, compie un’azione davvero rivoluzionaria: da sconosciuto lo rende noto al grande pubblico, da incompreso comprensibile a tutti e forse ancora degno di ammirazione anche da chi vive oltre un secolo dopo.
Del resto è palpabile il fascino che emana il personaggio e che lo stesso autore volentieri subisce: chi d’altronde non viene attirato dall’ansia di equità sociale che lo animava? Chi non resta inorridito dalle innumerevoli persecuzioni che lo colpirono, tra le quali le più violente e feroci pervennero proprio da quel Paese che egli, giovinetto di 15, 16 anni, aiutò a rendersi indipendente nel 1859 e nel 1860?
Giustamente Sassi unisce ad un ricco apparato iconografico il diario di Cipriani raccolto da Paolo Valera, perché il lettore possa rendersi conto dove arriva l’abiezione, la crudeltà e la perfidia umana, in uno stato che si dichiarava liberale ma che, come già raccontato in questa rivista, privava il figlio del diritto di salutare il padre morente.
È encomiabile inoltre che Sassi riporti pensieri dello stesso Cipriani, in modo da sollevare pure la questione delle idee del rivoluzionario, troppo spesso combattute e a volte anche ingiustamente derise.
Molti infatti, trastullandosi su trattati redatti da autorevoli teorici, trascurano la circostanza che chi si avvicinava al popolo doveva tenere conto dell’alto tasso di analfabetismo, della necessità di coinvolgere le masse con un linguaggio semplice che spiegasse concetti di immediata comprensione, del fatto che opere scritte erano poco efficaci e che invece l’esempio valeva più di mille parole.
Le distinzioni e le dissertazioni ideologiche operate dagli intellettuali venivano considerate incomprensibili e inconcludenti da coloro che faticavano ogni giorno lavorando nella miseria e nella privazione dei diritti più elementari. Era perciò necessario, per quelli che agivano e non solo pensavano, essere pragmatici e fondamentalmente eclettici, riunendo idee e valori di grande forza evocativa che a livello teorico potevano essere contrastanti ma che avevano facilmente presa sulle masse.
Così si spiega anche come Cipriani sia riuscito a far convergere su di sé, e con grande successo, repubblicani, socialisti e anarchici come mai prima nessuno di lui, vincendo ripetutamente elezioni in modo quasi plebiscitario.
Concetti espressi dal rivoluzionario e riportati dall’autore quali La mia patria è il mondo e io andrò dovunque c’è un despota da abbattere, un abuso da sopprimere, un oppresso da difendere», oppure «per quanto un governo possa angariare tanto un popolo da toglierli la libertà e la prosperità, mai avrà la capacità di distruggerne lo spirito» evidentemente ispiravano una forte attrazione tra gli umili esclusi dalla società.
Anche la sua soluzione del dilemma pacifismo o lotta contro l’ingiustizia, appare quella che più poteva essere compresa: «Io non credo che noi, altruisti, difensori degli oppressi o dei deboli, possiamo mai in nome dell’antimilitarismo, restare indifferenti in faccia ai pericoli che minacciano i popoli […]. Io ho preso più volta le armi, appunto in difesa delle rivendicazioni popolari e del progresso medesimo dell’umanità.»
Certamente, come sempre succede nel campo della storia, il libro non è esaustivo ma è di stimolo per i ricercatori perché, sulla scorta della gran messe di notizie fornite dall’autore, si possano indagare ulteriormente taluni aspetti della vita di Cipriani: in fondo anche in questo modo Sassi gli ha reso ancora una volta giustizia, facendolo uscire dall’oblio e restituendogli quella freschezza che trasforma un uomo vissuto tanti anni fa in un’icona attuale, degna di confrontarsi con il più rinomato Che Guevara, che affascinò nel 1913 anche il giovane Giuseppe Prezzolini: «Ecco Cipriani, nessuno me l’ha descritto, ma lo riconosco subito, fra gli altri italiani. Tutti i mie progetti di interrogazione vanno all’aria […] Ma io sono con Cipriani, capite, sono con Amilcare Cipriani, non ho più nulla da dirgli, non ho più nulla da domandargli, e vorrei stare solo con lui, e guardarlo in silenzio».
E qui i grandi interrogativi: perché proprio Rimini, che in fondo ha una tradizione certamente progressista, ha nei fatti dimenticato un suo figlio così illustre? Perché solo pochi hanno pensato di celebrare Cipriani, nel silenzio generale di gran parte degli storici di questa città oltre che di quelli nazionali? Ancora un personaggio scomodo? Beata ignoranza?
Eppure proprio quel riminese di nome Giuseppe Giulietti, altrettanto eclettico ma altrettanto di azione, a pochi anni dalla morte del rivoluzionario, battezzò una delle prime navi della cooperativa Garibaldi “Amilcare Cipriani”, intitolazione che curiosamente un tal Benito Amilcare (nome non certo attribuito casualmente dal padre) Andrea Mussolini, che pure aveva sostenuto nel 1913 la candidatura di Cipriani al Parlamento, volle cambiare in “Disciplina”: atroce beffa verso chi si ribellava continuamente e instancabilmente contro tutte le forme di sopruso.
Il libro, di lettura agevole, con una bibliografia essenziale ma fondamentale e significativa, priva di note per favorirne la scorrevolezza ad onta di quelli che le vorrebbero anche per gli articoli di una pagina, è comunque documentato: il biografo, che manifesta la sua passione verso il personaggio, ha volutamente sacrificato la metodologia scientifica per trasformare l’opera quasi in un romanzo storico, secondo la formula della public history. L’augurio dell’autore, e nostro, è che i riminesi riscoprano e si riapproprino della figura di Cipriani, rivalutandola nella giusta dimensione.
Ariminum, settembre ottobre 2019