C’è un mistero che aleggia su Rimini da anni, molti anni, e nessuno l’hai mai risolto. È un segreto che sembra stare a cuore a pochi, ma quei pochi sono veramente molto interessati. È un giallo ma non riguarda un omicidio, o almeno non un delitto verso una persona, piuttosto un assassinio di case: la sparizione delle decine e decine di villette che adornavano Rimini.
Ho avuto allora in visione Sherlock Holmes, al quale ho posto la fatidica domanda: chi è il colpevole? Il mitico investigatore inglese è rimasto perplesso e ha interpellato anche colleghi famosi (tutto può accadere nelle visioni!). Dalle indagini svolte si è appurato che le villette con giardino in effetti sembrano contagiate da una strana malattia. Poirot sospettava un subdolo veleno, l’avidità umana. Miss Marple ha osservato che le amene dimore venivano tutte sostituite da condomini e Nero Wolf rilevava che questi erano generalmente molto più grandi di ciò che era stato demolito e anche il giardino scompariva. Ellery Queen confermava che in certe zone di Rimini, ad esempio in via della Fiera, addirittura le altezze erano raddoppiate o forse triplicate e le distanze tra i fabbricati erano ormai irrisorie. Holmes concludeva: «Elementare, è la speculazione edilizia».
Nel ricordo di tante belle villette della mia gioventù ormai scomparse, mentre accusavo la suddetta speculazione di un ingiustificato sacrificio di bellezza e di un impoverimento della qualità urbana, improvvisamente appariva Perry Mason, difensore degli immobiliaristi, il quale – forte della sua imbattibilità nelle aule dei tribunali – affermava, con cognizione di causa, che tutto era regolare, tutto era secondo legge e pertanto non si poteva che concedere l’assoluzione.
Sommessamente io raccontavo di un amico che intendeva costruire un ascensore per un’anziana invalida che non riusciva più a salire le scale. Gli uffici tecnici gli avevano imposto, al termine di una pratica durata oltre un anno, rigorosissime e costosissime prescrizioni: il rispetto delle distanze, dell’altezze e addirittura l’area del verde. Per compensare una platea di tre metri quadrati costruita come base del macchinario, pur in presenza di un ampio giardino, aveva dovuto addirittura eliminare altrettanta superficie di un marciapiede, rendendo più difficoltoso il cammino dell’anziana signora.
È apparso allora nella visione Cicerone che, con un sorriso beffardo, ha emesso la sentenza: summum ius, summa iniuria, che traduco liberamente in «più è vasto il campo del diritto, dei regolamenti e della burocrazia e maggiore è l’ingiustizia».
Prevedo, quindi, un prossimo, commosso addio alle villette che rimangono e mi auguro che qualcuno le abbia fotografate a ricordo di una bella Rimini che non ci sarà più.
Ariminum, gennaio febbraio 2024