Seleziona una pagina

L’avventurosa vita di Giacomo Francesco Griscelli da Vezzani

Era un agente segreto al soldo di Napoleone III, Cavour, Francesco II di Borbone e persino del cardinale Antonelli

Generalmente si ignora che Rimini, nella sua millenaria storia, è stata anche titolo per un baronato; per la verità, si tratta di un’invenzione di un famoso avventuriero dell’800 che agì per circa vent’anni come agente segreto al soldo di Napoleone III, di Cavour, del cardinale Antonelli, di Francesco II di Borbone e infine dell’Austria, spesso con doppi se non tripli giochi, per poi sparire misteriosamente nel 1885 partendo per l’Oriente e non lasciando più traccia di sé.

Si tratta di Giacomo Francesco (o Jacques François) Griscelli, eccentrico personaggio antesignano del moderno James Bond ma di dubbia moralità e non certo fedele alla propria patria come lo 007 inglese, ebbe licenza di uccidere, ma fu anche truffatore e, amante della bella vita e della mondanità, non si fece scrupolo di prestarsi per denaro al gioco di vari governanti europei nei concitati momenti dell’unificazione italiana.

Di sé stesso disse: “Ho veduto [l’imperatrice] Eugenia [Montijo] piangere e supplicare. Fui accanto a Pio IX, quasi da pari a pari; e non gli baciai giammai la pianella come tanti imbecilli. Col cardinale Trevisanato di Venezia siamo amiconi. A Frankfurt, fui commensale di Francesco Giuseppe… ed eccomi io, antico pastore, barone di Rimini, del quale titolo m’investì Francesco II di Napoli, col consenso di Pio IX, pei grandi servizi resi, come Cialdini ebbe il titolo di duca di Gaeta. Sono uomo d’azione, e, quando occorre, non ripugno a versare anche il sangue. Napoleone mi deve più volte la vita: e me la deve pure Garibaldi – perché l’avrei potuto uccidere e non feci, sebbene Pio IX mi assicurasse esser quella la via più corta e certa per andare in paradiso…”

E nelle sue Memorie1 racconta i particolari e le circostanze che offrirono l’occasione a queste relazioni tra un assassino ed eminenti personaggi.2

Adriano Colocci fu attratto dal personaggio e indagò su di lui e riportò alla luce le sue imprese di spia e di agente segreto in mezza Europa.3

Griscelli era nato in Corsica a Vezzani in Corsica il 15 febbraio 1811, aveva sposato a 17 anni una cugina ma presto si stancò di lei e l’abbandonò entrando nell’esercito francese. Riuscì a collezionare ben presto quattro condanne per truffe e furto.

Il futuro barone di Rimini era tuttavia dotato di buon fiuto e nel 1848 entrò nella società bonapartistica “Dieci dicembre” cosicchè, quando Luigi Napoleone assunse le vesti imperiali dopo il colpo di stato del 2 dicembre 1951, si trovò in ottima posizione. Napoleone III aveva incaricato un còrso, Pietro Maria Pietri, di organizzare la nuova polizia imperiale, e Griscelli fece parte di questa specie di corpo pretoriano, formato da 600 còrsi che dovevano agire come polizia segreta, dotata di larghi mezzi, in modo da proteggere la persona dell’imperatore.

Anzi il Griscelli stesso dal 1853 fu addetto alla sicurezza dello stesso Napoleone III e rimase al suo servizio fino all’attentato di Felice Orsini e in quegli anni, secondo il suo racconto che non brilla per attendibilità, riuscì a sventare almeno otto cospirazioni, tra cui quella, boccacesca ma non del tutto veritiera, dell’agguato all’imperatore in casa della contessa Virginia Oldoini di Castiglione, impedito da Griscelli che uccise un estraneo introdottosi furtivamente. Poichè il misterioso sicario, probabilmente della stessa polizia segreta, era stato incaricato dall’antitaliana imperatrice Eugenia per eliminare non solo una sgradita rivale ma anche le influenze politiche piemontesi, il barone di Rimini si guadagnò il suo eterno e implacabile odio.

Napoleone III

Inoltre Griscelli fu testimone delle imprese amorose di Napoleone III e della sua attrazione verso l’altro sesso4, e la conoscenza di tanti particolari anche compromettenti lo rendevano cruciale ma al contempo pericoloso.

La fortuna di Griscelli però terminò con il gesto di Orsini, perchè Napoleone III, deluso dalla sua polizia segreta che non aveva previsto né efficacemente evitato il tentato omicidio, decise di sciogliere il corpo, e Griscelli scaltramente abbandonò rapidamente la Francia per rifugiarsi a Londra: l’imperatrice Eugenia inviò un ex compagno di Griscelli per sopprimerlo, ma egli riuscì a scoprirlo e ad ucciderlo a sua volta.

L’imperatrice Eugenia

Da questo momento però le sue vicende si svilupperanno prevalentemente in Italia, dove entrò, con perfetto tempismo, proprio all’inizio della seconda guerra d’indipendenza.

Cavour riuscì a entrare in contatto con il còrso tramite Pietri, l’ex capo della polizia segreta anch’egli caduto in disgrazia, e per qualche tempo se ne servì come proprio agente segreto nella corte di Vittorio Emanuele, per poi inviarlo a Firenze, a Roma e a Napoli in missioni delicate e confidenziali.

Probabilmente la sete di denaro iniziò il Barone di Rimini però al doppio gioco, prestando la sua attività anche e soprattutto a favore di Austria, Papa e Borbone: addirittura si offrì per uccidere il re piemontese, finchè dopo essere andato a Vienna alla conclusione della guerra, venne a Rimini e a Pesaro.

Si era nel 1859 e, dopo la sollevazione delle terre papali delle Legazioni, nella città marchigiana si era radunata una folta schiera di fuoriusciti e di controrivoluzionari sotto la guida di monsignor Tancredi Bellà, legato apostolico, il quale, dopo aver sedato ogni tentativo di ribellione nelle Marche, sognava di riprendere i territori appena perduti.

Il Griscelli, con molta abilità riuscì a mantenere il doppio (o triplo) gioco facendosi credere sia agente di Cavour, sia di Bellà, sia del Sommariva, inviato in loco da Francesco II, re delle Due Sicilie.

Francesco II Borbone

Qui probabilmente il Griscelli ottenne il suo titolo nobiliare5 e si fece pertanto chiamare Arturo, Barone di Rimini, senza che la città fosse nelle mani dei controrivoluzionari ma facendo balenare l’idea di una prossima riconquista: la situazione era molto fluida e probabilmente le difficoltà del nuovo governo potevano indurre qualche speranza, che Griscelli scaltramente coltivò

Come è noto, il 10 agosto 1859 dal governo di Modena e delle Provincie Parmensi e da quello della Toscana, con l’adesione del governo delle Romagne, fu fondata la Lega dell’Italia Centrale; fu formato l’Esercito dell’Italia centrale di cui prese il comando il 24 settembre il generale Manfredo Fanti, che aveva lasciato temporaneamente l’esercito piemontese, con Garibaldi vice comandante: egli però il 22 novembre si dimise, quando si rese conto che non sarebbe stato possibile invadere le Marche. La divisione delle Romagna era affidata al generale Pietro Roselli6, mentre era costituito a Rimini, per proteggere la regione da controffensive pontificie, un “Comando della frontiera con le Marche” da Cervia alle foci del fiume Tavullo.

A Rimini Griscelli aveva intessuto vari rapporti, ma la polizia locale si era insospettita ed allora si era rifugiato a Verona, sotto la protezione austriaca, da cui consigliò alle forze reazionarie come riconquistare le terre perdute.

In un libro scritto in occasione del 50° anniversario dell’unità d’Italia7, furono riportate alcune lettere inedite8 di Griscelli indirizzate al Bellà e al Sommariva, sequestrate da Farini, in cui il còrso spiega il suo piano: avrebbe corrotto il generale Roselli che si trovava in quel momento a Rimini (per 200.000 lire e l’incarico di Comandante in Capo di Roma), un aiutante di campo di Garibaldi che avrebbe rapito ed eliminato il generale, chiamato “il nuovo Silla”, mentre avrebbe ottenuto la diserzione di una compagnia da Santarcangelo a Pesaro. Le stesse considerazioni furono rivolte al Sommariva con l’aggiunta dell’informazione che Garibaldi aveva ricevuto 27.000 fucili che aveva portato a San Marino, con l’intento di prendere Urbino.

Questi progetti venivano poi corroborati dalle notizie di malcontento per i primi provvedimenti presi dal nuovo governo, nonché dalla scarsa disciplina delle sue forze armate, mentre si faceva grande affidamento sul clero rimasto ed in particolare sul cardinale di Bologna Viale Prelà. Inoltre Griscelli aveva dettagliatamente informato sui comandanti e sulla consistenza dell’esercito nemico e attendeva solo il denaro per mettere in atto il piano disegnato, denaro che probabilmente non giunse mai e il fantasioso piano abortì.

Dopo lo sbarco dei Mille fu assoldato dai Borboni per assassinare Garibaldi, ma quest’ultimo fu avvisato dal contrammiraglio Persano ed arrestò i cospiratori; Crispi avrebbe voluto fucilarlo ma Griscelli, affermando di essere una spia piemontese9, ottenne l’espulsione, insieme a Giuseppe La Farina, anch’egli agente di Cavour.

Dopo altre peregrinazioni tornò in Francia, sembra su incarico ancora di Cavour per ottenere la liberazione di alcuni ufficiali e patrioti arrestati nel territorio pontificio.

Nel 1861 andò a Bruxelles e approfittò del titolo di Barone di Rimini per presentarsi come gentiluomo italiano nella società belga: ne ebbe anche un processo

E’ poi quasi impossibile seguire le sue peregrinazioni per l’Europa, alla ricerca del migliore offerente ottenendo con successo il soldo di varie potenze e in particolare dell’Austria, per la quale nel 1866 svolse l’ultima missione a livello politico europeo: mediante la corruzione di un ufficiale del ministro della Guerra Pettinengo, avrebbe inviato i piani di invasione del Veneto a Vienna proprio nell’imminenza della terza guerra d’indipendenza10.

Infine l’ultima impresa rilevante di Griscelli fu per conto di Francesco Crispi, che l’aveva conosciuto a Palermo: ferì in un attentato l’on. Cristiano Lobbia, probabilmente una simulazione di reato ideata dal politico siciliano11, il quale lo protesse successivamente e lo fece imbarcare a Brindisi per l’Oriente.

Del barone di Rimini si persero le tracce per molto tempo. Riemerse dall’oblio nel 1885 come imputato al processo della Corte di Appello di Bruxelles, finì per essere espulso in Francia e da allora non si seppe più nulla: egli morì nella segretezza come nella segretezza era vissuto.

1Jacques Francois Griscelli de Vezzani, Mémoires de Griscelli : agent secret de Napoléon 3. (1850-58), de Cavour (1859-61), d’Antonelli (1861-62), de François 2. (1862-64), de l’empereur d’Autriche (1864-67), Bruxelles, 1867; tali memorie tuttavia sono spesso inattendibili e utilizzano spregiudicatamente fatti occorsi ad altri ed in particolare all’agente piemontese Filippo Curletti.

2Ferdinando Petrucelli Della Gattina, Le Grandi Etére: da Cronaca Bizantina, 1883-1884, Moliterno, Regione Basilicata, 2006

3Adriano Colocci [Vespucci], Griscelli e e le sue memorie, Roma, Ermanno Loescher, 1909. Il marchese Adriano Colocci Vespucci, discendente da parte di madre dal famoso navigatore fiorentino, nato a Jesi nel 1855 e morto a Roma nel 1941 era stato anch’egli un personaggio eclettico che aveva vissuto molte esperienze ed era addirittura divenuto “istoriografo” del futuro Vittorio Emanuele III in un viaggio compiuto nel Vicino Oriente. Si schierò poi su posizioni di un liberalismo aperto ai problemi sociali sino a militare nella sinistra cavallottiana che nel 1892 lo inviò al parlamento per il collegio di Ancona. Spirito avventuroso, nel 1885 combatté in Bulgaria a fianco di Alessandro di Battenberg; un lungo viaggio nell’America Meridionale (1890-1892) lo portò a interessarsi dei problemi dell’emigrazione italiana, schierandosi contro la politica del Di Rudinì. Subito dopo la prima guerra mondiale resse il Commissariato lingua e cultura in Alto Adige, ma visse appartato durante il fascismo, pur apprezzandone alcune aspetti ne criticò altri, tra cui l’ingresso nella seconda guerra mondiale. (Enciclopedia Treccani, ad nomen)

4Gli intrighi che avvenivano nella corte di Napoleone III in quegli anni sfruttavano spesso il suo interesse spiccato per l’altro sesso, come lo stesso uso disinvolto della contessa di Castiglione o l’erotico divertimento della “caccia alle cerve”, fanciulle non proprio di onorata virtù che indossavano pelli di cervo e venivano poi “cacciate”, passatempo narrato dagli stessi agenti che proteggevano l’imperatore (Mario Mazzucchelli, L’imperatrice senza Impero, La contessa di Castiglione, Milano, Corbaccio, 1939, pagg. 121-124)

5In verità la circostanza appare dubbia e sicuramente discussa, tanto da dare origine ad un processo a Bruxelles nel 1867; Griscelli sostenne di essere stato investito da Francesco II re di Napoli a mezzo del cardinale Wiseman a Londra; il Tribunale riporta anche un’investitura da parte del duca di San Martino a Madrid. Il Tribunale di Bruxelles nel 1867 lo condannò per porto abusivo di titolo nobiliare, ma nel 1885 la Corte di Appello di Bruxelles lo assolse per insufficienza di prove.

6Nel 1849 Pietro Roselli era stato il comandante in capo dell’esercito della Repubblica Romana e aveva avuto quindi alle sue dipendenze Garibaldi trovandosi però in contrasto con lui tanto da sfidarlo a duello.

7Giacomo Emilio Curatolo, Garibaldi, Vittorio Emanuele, Cavour nei fasti della Patria, documenti inediti, Bologna, Zanichelli, 1911, pagg. 201-206

8Le lettere non portano la data ma si può desumere che si tratti di qualche giorno dopo la nomina di Farini (definito da Griscelli il “nuovo Nerone”) a dittatore delle «Provincie provvisorie» (entità composta dall’unione di ex Ducati ed ex Legazioni) avvenuta il 9 novembre: si dà ancora in loco Garibaldi, che il 22 novembre si dimetterà e andrà a Caprera

9In effetti pare assodato che Persano non ricevette in tempo una lettera del marchese di Villamarina, all’epoca plenipotenziario sardo a Napoli, che sosteneva che Griscelli facesse appositamente il doppio gioco per il governo italiano, e lo stesso Persano si ricredette, scusandosi con Garibaldi e chiedendo che fosse rispedito a Genova.

10La circostanza è però messa in dubbio da varie fonti, tra cui Henrich Friedjung, Der Kampf um die Vorherrschaft in Deutschland, Stuttgart, Cotta, 1904 che riporta testimonianze di personale austriaco al seguito dell’Arciduca Alberto.

11Cristiano Lobbia, esponente della sinistra garibaldina, aveva denunciato lo scandalo della Regìa cointeressata dei tabacchi, scoppiato in seguito alla decisione, maturata nel giugno 1868, del gabinetto Menabrea di appaltare il monopolio dei tabacchi ad ambienti finanziari privati e già durante la discussione parlamentare per l’approvazione della convenzione (agosto 1868) vi erano stati velati riferimenti all’esistenza di tangenti indirizzate ad alcuni deputati. Giuseppe Ferrari il 31 maggio 1869 chiese l’istituzione di una commissione parlamentare d’inchiesta e il 5 giugno seguente il Lobbia annunciò solennemente in aula di essere in possesso di dichiarazioni giurate comprovanti l’avvenuta corruzione di un deputato. Contenute in due voluminosi plichi, disse che le avrebbe mostrate solamente a una commissione apposita, che fu alla fine istituita con voto unanime. Nella notte fra il 15 e il 16 giugno 1869 a Firenze, il Lobbia fu aggredito a colpi di coltello da uno sconosciuto, poi dileguatosi, che gli procurò ferite al capo e al braccio sinistro. Poichè in realtà i documenti in suo possesso delineavano infatti uno squallido quadro di corruttela ma non contenevano concreti elementi di prova, fu sostenuto che l’attentato fosse stato un’abile messa in scena, congegnata da Crispi per attirare l’attenzione e spaventare gli interessati, e Crispi si fosse avvalso dell’opera di Griscelli. Lobbia restò però più famoso in un altro aspetto: un cappellaio fiorentino, suo ammiratore, ideò copricapi “alla Lobbia” con la calotta nera schiacciata e smezzata come da un colpo di bastone dell’attentatore e diventerà, in tutta Europa, la “lobbia”.

BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

Jacques Francois Griscelli de Vezzani, Mémoires de Griscelli: agent secret de Napoléon 3. (1850-58), de Cavour (1859-61), d’Antonelli (1861-62), (1864-67), Bruxelles, 1867 (I edizione) Mémoires de Griscelli de Vezzani dit le baron de Rimini ex-agent secret de Napoléon, Cavour, Antonelli, François II et de l’Autriche, Bruxelles, 1871 (II edizione).

Adriano Colocci [Vespucci], Griscelli e e le sue memorie, Roma, Ermanno Loescher, 1909.

Ferdinando Petrucelli Della Gattina, Le Grandi Etére: da Cronaca Bizantina, 1883- 1884, Moliterno, Regione Basilicata, 2006.

Giacomo Emilio Curatolo, Garibaldi, Vittorio Emanuele, Cavour nei fasti della Patria, documenti inediti, Bologna, Zanichelli, 1911, pagg. 201-206.

Ariminum, luglio agosto 2013