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© Museo Risorgimento Bologna

Il 20, o XX, settembre è una data ormai quasi dimenticata e a molti riminesi evoca, forse, solamente il nome del borgo che, fuori dalle mura urbane, si protende sulla antica via Flaminia verso Riccione. Eppure proprio 150 anni or sono, il 20 settembre 1870, avvenne l’atto culminante del Risorgimento: la conquista di Roma, il fatto epocale per cui avevano lungamente combattuto i patrioti italiani a partire da Mazzini e Garibaldi che proclamava “Roma o morte!”.

Pochi sanno poi che la prima vittima di tale evento fu il capitano dei Bersaglieri Andrea Alarico Ripa, nato a Verucchio, il 5 settembre 1841. “Di aspetto simpatico, intelligenza svegliata, cuore affettuoso, benchè d’indole spigliata e vivacissima fu di carattere docile, riflessivo e sereno”, Andrea aveva raggiunto nel 1856 il padre Luigi a Torino in esilio. Dopo aver frequentato l’accademia militare, allo scoppio della seconda guerra d’Indipendenza, pur non avendone l’età, fu arruolato nell’esercito sabaudo come sergente; diciottenne, partecipò nel 1860 alla battaglia di Castelfidardo, divenendo sottotenente. In seguito combattè a Custoza nella terza guerra d’Indipendenza e nel settembre 1870 era capitano del 12° battaglione dei Bersaglieri, appostato davanti alle mura romane.

Poichè il papa Pio IX aveva comminato la scomunica al primo che avesse dato l’ordine di attaccare Roma, il comando dell’esercito italiano incaricò allora un ebreo, il capitano Segre, di bombardare le mura nelle vicinanze di Porta Pia fino a creare una breccia: subito dopo i bersaglieri di Ripa dovevano entrare nella città eterna. Di fronte erano schierati gli zuavi che formavano il nerbo dell’esercito papalino e avevano in dotazione i nuovi fucili Remington a ripetizione, donati dai cattolici americani per difendere la città dagli Italiani. 

Lo svolgimento dell’azione fu raccontato nel venticinquennale dell’evento dal contemporaneo Ugo Pesci: “il 12° bersaglieri rapidamente avanzò. Per la prima volta il nostro esercito si trovava di fronte ad armi capaci di un fuoco tanto celere come quello che usciva da quelle mura italiane agli italiani contese. Bisognava affidarsi allo slancio de’ nostri bersaglieri e far cessare il fuoco con la bajonetta… Superato il ciglione fra i campi e la strada di circonvallazione, attraversata la strada tutta ingombra di grossi rottami, il battaglione era giunto ai piedi della breccia, quando, quasi nello stesso momento, da’ colpi di remington sparati dall’alto in basso, furono contemporaneamente feriti alle gambe il capitano Serra e il capitano Andrea Ripa [che ebbe tibia e perone spezzati]… Il Ripa non permise ad alcuno, neppure al suo attendente, di fermarsi a soccorrerlo: ma da terra levando alto il braccio, la sciabola e la voce, eccitava i sopravvenienti gridando giocondamente: Avanti! Savoja!”

Vistandolo all’Ospedale di Santo Spirito, Serra, l’altro ufficiale ferito disse: in Ripa “apparivano tutte le buone qualità dell’indole romagnola, la schiettezza, la propensione ad essere più allegro che malinconico, la generosità e la bontà grande dell’animo, che si rispecchiava nella espressione sorridente e lieta del bel volto pieno e dal labbro ombreggiato da due soli piccoli baffi neri.”

Andrea scrisse alla madre: “Carissima Mammà… Ti ripeto ancora una volta che la ferita non offre pericolo alcuno: se non fosse così li ti avrei telegrafato di venire immediatamente da me. Il mio Battaglione è entrato il primo alla breccia: io comandavo la Compagnia che era in testa e sono stato ferito a bruciapelo da uno zuavo.”

Purtroppo invece la ferita degenerò in cancrena e, dopo gravi sofferenze, il 29 ottobre sopraggiunse la morte. I funerali furono solenni e grandiosi, il corteo con la salma giunse al Cimitero monumentale del Verano dopo aver attraversato Roma, in mezzo agli alti comandi militari, ai commilitoni e a una folla imponente, stimata in circa 18.000 persone dalle cronache dell’epoca, le quali descrissero minuziosamente le esequie come fossero state l’occasione per celebrare la fine del potere temporale papale.

Presto il 20 settembre divenne una festa comune popolare; fu ufficializzata nel 1895, in occasione del venticinque anni della breccia di Porta Pia, come solennità civile che ricordava l’Unità d’Italia e pertanto una delle più importanti commemorazioni del Regno. Celebrata in grande pompa per decenni, la festività fu abolita da Mussolini nel 1930 per venire incontro ai desideri della Chiesa con la quale l’anno prima aveva stipulato i Patti Lateranensi; mai più ripristinata, la ricorrenza scivolò sempre di più nell’oblio. Il Comitato Riminese dell’Istituto per la storia del Risorgimento Italiano nel 2015 ottenne però di intitolare ad Andrea Ripa il ponte sull’Ausa antistante l’Arco d’Augusto, in ideale continuità con la via XX settembre e l’omonimo borgo.