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Dall’Archivio di Stato emergono i controlli dell’OVRA anche sulla famiglia del dittatore: nelle informative interessanti dettagli sulla vita allegra di Vittorio e Bruno Mussolini a Riccione negli anni Trenta

Quis custodiet ipsos custodes? ammoniva Giovenale più di diciannove secoli fa. Tradotto liberamente: chi controllerà i controllori? Nonostante il tempo trascorso, i dittatori devono affrontare ancora il problema che essi stessi sono controllati. Nel nostro caso la polizia, comandata da Arturo Bocchini, un abilissimo funzionario formatosi alla scuola di Giolitti ma poi convertito con entusiasmo alla fede fascista1, non si esimeva di sorvegliare, al pari di pericolosi “sovversivi”, anche i figli del Duce. E del resto Mussolini non disdegnava i dossier preparati dallo stesso Bocchini nei confronti di gerarchi (e pure di Claretta Petacci) per poterli tenerli in pugno e ricattare: tra potenti del partito e polizia di Stato, il duce si fidava molto di più di quest’ultima. Le carte dell’Archivio Centrate di Stato di Roma restituiscono interessanti informative, veline, spesso redatte da spie la cui attendibilità era tutta da verificare, ma anche da importanti funzionari i quali con “riservatissime” si rapportavano direttamente con Bocchini.

Nel nostro caso, non sfuggiva agli occhi della potente Direzione Polizia Politica, chiamata PolPol ma anche OVRA, nemmeno le attività dei figli di Mussolini, soprattutto quando esse destavano preoccupazione. In effetti il Duce, pur non interessandosi dei figli in modo ossessivo, da vecchio maestro aveva un occhio per la loro educazione.

A questo proposito un’informativa del 23 febbraio 1935 riporta che Mussolini, insospettito dai voti alti dei figli, si fece portare i loro compiti e quelli dei compagni di scuola. La spia rivela: «Si dice che nella scuola è avvenuto il finimondo, che professori, Preside hanno passato un brutto quarto d’ora e che tutti gli scolari hanno avuta la riprova che il Duce non vuole favoritismi e camorre di nessun genere e che sa giudicare da se senza ombra di tenerezze neppure con i figli. Naturalmente i commenti sono simpatici e significativi»2.

Non ci si può quindi stupire se anche la Polizia Politica tenesse sott’occhio i giovani rampolli, che in verità si dimostravano piuttosto scapestrati agli occhi dei controllori ma che in fondo, con umana indulgenza verso la loro età (Vittorio era nato nel 1916 e Bruno nel 1918) e la loro posizione, tenevano comportamenti comprensibili. Le informative raccontano di momenti di bella vita a Roma, Littoria (attuale Latina), Viareggio, Cortina d’Ampezzo, ma ci soffermiamo su episodi accaduti in Riviera adriatica, anche per capire quanto la polizia politica avesse potere e capacità di prevenire attività antifascista.

Giuseppe D’Andrea, Ispettore generale della competente zona dell’OVRA3, segnalò direttamente a Bocchini con una «riservatissima» del 20 luglio 1935: «Da Riccione mi erano stati segnalati alcuni nominativi, perché di sospetta condotta in genere e perché erano stati notati, qualche volta, in compagnia dei figliuoli (Vittorio e Bruno) di S.E. il Capo del Governo. Ho ritenuto opportuno, pertanto, di fare assumere riservatissime informazioni alla riguardosa parte del Commissario Cav. Uff. Verani, addetto a quest’Organismo ed ecco la risposta ora pervenutami:

I°) CASADIO Angelo. Risiede a Faenza ove è iscritto a quel Fascio. Solito a trascorrere la stagione estiva a Riccione, ove la famiglia gestisce una modesta pensione, vive completamente a carico di essa, non avendo altra preoccupazione all’infuori di quella di accompagnarsi a donne straniere colle quali si trattiene fino a tarda ora della notte. Ha fama di sfruttatore.

2°) GALLI Dante […] residente a Riccione in via Ariosto, ozioso, vagabondo, vive completamente a carico della famiglia. Solito a frequentare la compagnia di donnine allegre, specie straniere. Ha fama di sfruttatore. Politicamente non dà luogo a rilievi, non è iscritto al P.N.F. e nei riguardi del Regime si dimostra indifferente. Il padre del Galli e i fratelli Pio e Silvio, in passato, avrebbero appartenuto al partito comunista e ne conserverebbero tuttora le idee

3°) BERTOZZI Ugo […] residente a Riccione, Viale Dante n° 37. Poco amante del lavoro, da circa sei anni vive separato dalla moglie. Come i precedenti il Bertozzi frequenta la compagnia di donnine allegre, specie straniere e ha fama di sfruttatore […]. Politicamente, in passato, professò idee sovversive, ora si dimostra simpatizzante nei riguardi del Regime […].

4°) MULAZZANI Secondo Luigi […] residente a Riccione, Viale Tasso n° 7. Vive coi genitori. Poco amante del lavoro, saltuariamente viene occupato da un parente par la guida di un autocarro. Come i precedenti, anche il Mulazzani è noto a Riccione per le sue avventure galanti, specie con straniere. Ha fama di sfruttatore. Politicamente, in passato manifestò idee sovversive e solo nel 1933 venne iscritto al Fascio di Riccione.

Dei suddetti il Casadio Angelo è quello che, più spesso, si accompagna coi figli del Duce e che, anche recentemente, è stato notato solo in automobile con Vittorio. Gli altri hanno occasione di avvicinare Vittorio e Bruno specialmente nel Bar Corazza, sito sulla spiaggia, ove di solito trascorrono alcune ore del giorno. In questi ultimi tempi tali contatti si sono fatti meno frequenti».

Lettera di Giuseppe D’Andrea, comandante della II zona della Polizia Politica, al capo della divisione politica della Polizia, Michelangelo Di Stefano, Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno

Il D’Andrea il 26 luglio 1935 informò il suo diretto superiore Michelangelo Di Stefano, capo della divisione politica della polizia, che aveva compiuto un sopralluogo a Riccione per avere conferma delle notizie e che Osvaldo Sebastiani, segretario particolare di Mussolini all’epoca, evidentemente informato da Bocchini, aveva diffidato i giovani dal frequentare ulteriormente i figli.

Ma in realtà il duce prese un provvedimento più drastico, inviando i figli in Africa Orientale nella guerra che aveva scatenato per conquistare l’Etiopia. In effetti un informatore riporta la voce che a Riccione era stato rinfacciato pubblicamente da una madre che i rampolli del Duce se la spassavano mentre lei aveva perso il proprio figlio. Di qui derivava la decisione di spedire Vittorio e Bruno al fronte.

Assai interessante, anche per le valutazioni politiche contenute è un rapporto di un informatore del 1° settembre 1937 da Gabicce Mare: «ieri sera mi sono attardato fino a notte fonda al Caffè Astoria di Cattolica, dove c’erano il capitano Viti e fratello, il comm. Brunelli, Segretario particolare di S.E. Balbo (e nemico di Donna Rachele per via delle famose chiacchiere sul Capo Stazione di Riccione) altri signori tra cui il Rag. Franzoni. Una comitiva di sei o sette persone. Tutti parlavano che il Duce se ne era andato via da Riccione con la Famiglia: così i Figli non daranno più motivo di scandali. Mi hanno detto che il figlio di Mussolini, quello che fa l’Aviatore [Bruno] avrebbe provocato una scena strapazzando in un pubblico caffè un povero sottotenente di Complemento dell’Aviazione, il quale non sapendo che egli fosse il figlio del Duce si era risentito per via che Mussolini e la Compagna lo motteggiavano mentre ballava. Scena pietosa: perché quando il Mussolini avrebbe detto chi era, e minacciò rapporto, il disgraziato scoppiò in pianto. I figli dal Duce, continuavano, vanno poi con certe compagnie di scavezzacolli! che fanno poco onore a Loro. Oppure con il dott. Sasso di Firenze del cui Padre si dice che abbia guadagnato molti milioni in Egitto con lavori assai importanti sì, ma anche facendo interessi politici del governo inglese. Il Podestà di Gabicce Zoppi disse che il Duce prima di lasciare queste terre è andato a trovare quella famosa filibustiera della vedova Zanovettori a Gradara della quale gode anche i favori come l’hanno goduti tutte le autorità costituite… “Quella puttanona” grida Donna Rachele!».

Che Bruno, all’epoca diciannovenne, frequentasse Riccione anche per motivi di amicizie femminili, è confermato da un precedente rapporto sempre del D’Andrea a Bocchini del 9 aprile 1937: «Da qualche tempo in alcuni riservati ed interessati ambienti di Piacenza corre voce che Bruno Mussolini sia fidanzato con una di dette signorine, assidue frequentatrici della spiaggia di Riccione ove sembra siano conosciute. Non si precisa, quale delle sorelle – sarebbe la fidanzata, però si dà per certo che Bruno, con la scusa di visitare il Campo d’Aviazione di S. Giorgio Piacentino, farebbe spesso delle gite in Piacenza per poi ecclissarsi [sic], in automobile, con una delle Piatti.

Tali signorine, che si identificano come appresso, sono figlie del defunto On. Piatti Camillo, notissimo e valentissimo avvocato del Foro Piacentino, deceduto nel 1926».

Ritaglio di giornale che ritrae da sinistra Bruno Mussolini, De Bono, Galeazzo Ciano, Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno.
Questa fotografia che ritrae il genero e il figlio del Duce (all’epoca diciottenne) davanti a Generali carichi di medaglie «ha dato nervi a parecchi, prova lampante dell’esistenza di un nepotismo sfacciato» come riporta un informatore il 15 ottobre 1935.

Quindi l’attività aviatoria – presente più in Bruno che in Vittorio a dir la verità – escogitata dal duce per tenerli distanti dalla vita mondana non ebbe gran effetto e anzi, soprattutto nella seconda guerra mondiale, diede comunque spesso adito a salaci critiche: «Da Lodi, con data del timbro postale 5-8-40, è pervenuta la lettera […]:· “Mancia competente a chi trova i valorosi aviatori Comandante Ciano, comandante Mussolini Bruno, comandante Mussolini Vittorio, comandante Mussolini Vito. Comandanti Starace, Farinacci e compagni. Eroi del cielo quando non vi erano aeroplani nemici!” Con riferimento a quanto sopra segnalo che giovedì della scorsa settimana durante la riunione di boxe al Teatro Puccini alla quale hanno presenziato Bruno Mussolini e Vito Mussolini, molti giovani presenti facevano apertamente commenti ironici all’indirizzo dei sopracitati e sulla guerra che essi facevano»4.

Note

1 Arturo Bocchini fu capo della Polizia dal 1926 al 1940 quando morì. In precedenza era stato prefetto di Brescia, incarico delicato perché doveva sorvegliare, e addomesticare, un pericoloso D’Annunzio (che possedeva molto ascendente sulle masse e che ancora aveva velleità di autonomia politica; lì strinse amicizia con Augusto Turati che doveva diventare segretario del Partito Fascista. Fu poi a Bologna dove indirizzò l’elettorato verso il fascismo e infine a Genova; qui riuscì a seguire le direttive del duce, domando il fascismo ribelle e defenestrando Giuseppe Giulietti dalla guida della Federazione dei Lavoratori del Mare con l’invio al confino. Nell’informativa del 1° settembre 1937 di cui si riporta uno stralcio più avanti, si comunicava che il comm. Brunelli disse che «gira e rigira Mussolini se ha voluto uomini fedeli li ha dovuti prendere dalla classe dei vecchi Funzionari dello Stato. A Bocchini il Regime deve moltissimo senza che S.E. abbia creato vittime e martiri».

2 Tutti i documenti citati si trovano all’Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Polizia Politica, fasc. pers., serie B, b.8

3 La Polizia Politica, denominata con il tempo sempre più OVRA, anche se ufficialmente non ha mai avuto questo nome, era divisa in zone; la II, sotto la copertura di un’azienda di import-export di Bologna, controllava l’Emilia Romagna, la Toscana e le Marche ed era comandata da Giuseppe D’Andrea, funzionario che rimase a capo dell’ufficio dal 1927 al 1940 quando morì in un incidente stradale. «Gli ispettori generali delle zone OVRA trasmettevano alla divisione relazioni e informazioni raccolte dai loro fiduciari. Il controllo fiduciario riguardava l’attività politica e la vita privata ed era esteso oltre che agli oppositori del fascismo, anche a personalità fasciste, a enti, banche, istituti, associazioni che operavano nella vita politica, culturale ed economica del paese. Di competenza esclusiva della divisione era la repressione dell’affarismo speculativo e del contrabbando valutario» (Archivio Centrale dello Stato). Nella catena di comando, D’Andrea si rapportava al capo della divisione politica della Polizia Michelangelo Di Stefano o direttamente al capo della Polizia Arturo Bocchini. La struttura era talmente efficiente che era molto lodata, anche da regimi fascisti non italiani. D’Andrea si distinse in particolare nella persecuzione dei comunisti. Era considerato funzionario capace, «persona per bene, giovane, robusto, signore, molto riservato, stimatissimo che non si metteva mai in evidenza»; tuttavia gli oppositori lo consideravano «un poliziotto tanto preparato, quanto spietato. Gli antifascisti che passavano dagli uffici dell’Ovra subivano percosse e torture». Godeva dell’appoggio di Bocchini e quindi di Mussolini, ed era dotato di grande coraggio essendosi opposto a Starace e Arpinati che erano i numeri due del partito e del governo. 4 Le informative dell’OVRA riportano diversi commenti sarcastici sulle capacità belliche dei figli (commenti che terminarono però con la morte per incidente aereo di Bruno nel 1941), nonostante le medaglie ricevute. Ex pluribus: «Rovereto, 28 settembre 1940 […] In un ambiente pubblico, ha sollevato grande meraviglia la voce che gli stessi si trovano a Cortina con la Contessa Ciano dal giugno u.s. e non hanno mai partecipato a questa guerra»; «Bologna 18 maggio 1941. Due persone dall’aspetto operai, dicevano: Nella guerra d’Africa Orientale l’altra volta figuravano i figli del Duce. Al cinema sembravano che avessero fatto tutto loro. E in questa guerra dove sono? Cosa fanno?».

Ariminum, gennaio febbraio 2023