Ingegnere e architetto riminese, docente presso l’Università Statale di Milano, modernizzò l’architettura edilizia degli anni Sessanta e Settanta con idee sbalorditive e progetti di ampio respiro
Se il genius loci è lo spirito del luogo e il compito dell’architetto è quello di creare luoghi significativi, se il genius loci rende fenomeni architettonici differenti “parti di un’unica e riconoscibile esperienza” come sosteneva Christian Norberg-Schulz, l’architetto e ingegnere Mario Ravegnani Morosini è stato, senza timore di smentita, il miglior interprete del genius Arimini per almeno un ventennio, gli anni sessanta e settanta.
Era nato a Rimini nel 1922; dopo gli studi classici si iscrisse alla facoltà di Ingegneria: forse la passione per l’edilizia derivava dal nonno Riccardo Ravegnani, presidente per circa trent’anni della Società Anonima Cooperativa di Case Popolari che costruì fino al 1938 ben 123 edifici.
Nell’immediato dopoguerra, Ravegnani si laureò dapprima in Ingegneria a Bologna poi in Architettura a Milano; restò con lungimiranza nella metropoli lombarda comprendendo che l’ambiente giusto per assimilare e proporre nuove idee non poteva essere lo spazio comunque angusto di una città di provincia distrutta dalla guerra, di modeste dimensioni nella sua forme precedenti l’espansione turistica.
Distinguendosi subito nel panorama italiano, ben presto fondò con alcuni amici e colleghi un rinomato studio, B24, nel quale si svolgevano anche mostre e manifestazioni di arte contemporanea: il suo intendimento era infatti quello di tentare la “tanto auspicata sintesi tra le arti, cioè la stretta collaborazione tra architetti, pittori e scultori.”
Docente presso l’Università Statale di Milano fin dal 1951, nel 1954 presentò un innovativo progetto di casa modulare alla X Triennale dell’Architettura nel capoluogo lombardo: l’edificio, assolutamente sbalorditivo nella sua modernissima concezione, colpì subito l’attenzione degli studiosi. Ravegnani spiegò diffusamente la sue concezioni, dimostrando anche attenzione agli interni e all’arredamento1.
“E’ questa una casa prefabbricata con elementi di serie, definita sperimentale per l ‘impiego cli materiali nuovi al campo edilizio e per un modo di concepire l’abitazione diverso da quello tradizionale; è creata per il soggiorno in campagna, in montagna, al mare; si presta ad essere facilmente smontata e rimontata nel luogo che più si preferisce; è distaccata dal terreno per ottenere un perfetto isolamento dall’umidità. L’aspetto che ne deriva ribadisce questo concetto di mobilità. Il progetto è stato impostato secondo alcuni concetti fondamentali… Impostazione interna della casa quale volume unitario e ricerca della massima libertà di forma compatibile con le esigenze del modulo e della prefabbricazione. In tale volume sono stati inseriti volumi minori, quali la «cabina bagno», l’armadio di tela, i cubi portaoggetti; piani rigidi quali tavoli e mensole e piani soffici per riposo (letto, poltrone, sedie). Tentativo di dilatazione dello spazio interno – oltre sul piano orizzontale attraverso i grandi serramenti panoramici – anche sul terzo parametro attraverso le superfici trasparenti di Perspex della copertura e della pensilina: ciò per godere del massimo contatto con la natura”.
Secondo Ravegnani infatti, “le più belle architetture di ogni tempo sono state tutte costruite in armonico rapporto con l’ambiente, a prescindere da data di costruzione o carattere dell’edificio. Una ricerca di materiali approvvigionati sul posto e trattati da maestranze locali, di rapporti compositivi con architetture esistenti sul luogo, di scala cromatica in funzione al colore del cielo, dei sassi, della natura, una soggezione alla logicità costruttiva e del particolare, in relazione al clima ed alle precipitazioni, hanno determinato il fascino e la coerenza di tante città ed architetture.”
Con questi criteri l’architetto riminese realizzò poi una famosa opera dell’epoca, la Casa di Nervi, che tanto ricorda la celebre Casa Kaufmann, meglio nota come “Casa sulla Cascata” di Frank Lloyd Wright. L’edificio è posto sulla via che “da Nervi conduce a Sant’Ilario, a cinquanta metri circa sul livello del mare: di qui si domina un magnifico panorama che abbraccia tutto il golfo ligure, dalle Alpi Marittime al promontorio di Portofino… La struttura della casa è in muratura di pietra e di cemento armato: pietra per la parte a monte, che è rivolta a nord … cemento armato – esili pilastri, solette a sbalzo – per la parte rivolta a mare, dove finestre e zone piene sono nello stesso rapporto. La lussureggiante vegetazione della riviera si inserisce sotto la parte costruita a sbalzo, esaltando il contatto tra casa e natura”.
La sua piena affermazione professionale fu sancita dalla direzione della rivista “Ville e Giardini”; la realizzazione di una serie di progetti, anche di ampio respiro come stabilimenti industriali (ad esempio la sede della Pepsi Cola) e complessi residenziali lo indussero anche a scrivere opere che riflettessero la sua concezione dell’architettura: a 35 anni pubblicò “Architetture. Ville, case, edifici vari, chiese” e “La casa individuale in Italia” nella quale raccolse una sintesi delle nuove tendenze stilistiche mediante la rappresentazione di un campione di 24 abitazioni costruite nel Nord Italia dai migliori architetti dell’epoca.
Nell’introduzione Ravegnani metteva subito al centro il rapporto committente – progettista: “Cliente ideale per un architetto non è infatti colui che si estranea completamente, ma chi – seguendone i concetti – contribuisce con le sue esigenze e le sue osservazioni di indole pratica e personale ad orientare il progettista: questo intervento deve avvenire nel periodo di creazione e di impostazione del lavoro e non in sede di esecuzione… il compito dell’architetto, cioè la «interpretazione estetica e costruttiva dei desiderata del committente», viene ad essere grandemente semplificato ed è molto più facile che da questa sintesi di esperienze, esigenze, concetti, possa sorgere una vera «opera d’arte»”.
Il successo milanese si riverberò presto anche nella sua città natale: disegnò abitazioni di pregio e vinse il concorso indetto dalla Cassa di Risparmio nel 1955 per la ricostruzione del Teatro Galli: il progetto, assai diverso da quello originario polettiano, non ebbe però mai attuazione.
In compenso elaborò la costruzione della tomba della famiglia “Fellini”, episodio curiosamente ricordato dal grande Federico nel film “Otto e mezzo”.
Disegnò poi gli alberghi “Ambasciatori” a Rimini, “Admiral” a Riccione e la clinica “Villa Maria” a Rimini, ma l’avvenimento che ebbe maggiore risonanza fu l’aggiudicazione nel 1961 della progettazione del nuovo ospedale riminese “Infermi”, un’opera di grande respiro nella quale poteva esprimere le sue idee e i suoi gusti in modo inequivocabile.
L’apprezzamento generale dell’attività di Ravegnani risulta dai numerosissimi incarichi che ricevette dalla committenza privata: fu un periodo di intenso e fervido lavoro che lasciò il segno su tutta la riviera romagnola.
Tra le tante realizzazioni si possono annoverare grandi alberghi come il “Baltic “e il “Terminal” a Riccione, il “Bellevue”, l’“Imperiale” e il “Park Hotel” a Rimini, il “Capo Est” a Vallugola di Gabicce, l’“Ascot” a Miramare ma anche scuole a Coriano e a Ospedaletto, la sede dell’ACI di Rimini, il Palazzo del Turismo a Bellaria, lo stabilimento della Galvanina, condomini in Piazza Tripoli, Via Pascoli e Via Dante, prestigiose residenze e ville.
Anche al di fuori dei suoi luoghi di origine fu progettista apprezzato: solo per citare qualche esempio si devono alla sua firma gli ospedali di Rovigo, di Siena e di Cesenatico, nonché le terme di Castrocaro. Vinse anche diversi concorsi per opere che non furono però poi portate a termine, come gli ospedali di Pesaro, di Parma, di Modena e di Biella.
Ciò che contraddistinse l’attività di Ravegnani fu comunque la ferma determinazione a mantenere il proprio e inconfondibile stile, modificandolo certamente a seconda del mutare dei tempi e del gusto, ma sempre con segni inconfondibili che recavano l’impronta del suo modo di intendere l’architettura.
Moltissimi tecnici riminesi si richiamarono, non sempre felicemente, a certi suoi stilemi, riconoscendo implicitamente la grandezza dell’originario artefice.
La sua ultima importante realizzazione fu la progettazione della cosiddetta “Nuova Rimini” nell’area della ex Fornace Fabbri, destinata ad essere in realtà inizialmente a vocazione turistica. Il rallentamento dell’economia basata sulle vacanze fece modificare le iniziali intenzioni e l’idea originaria quindi si trasformò in un complesso residenziale che riscosse notevole successo.
Ravegnani aveva un altro forte interesse oltre all’architettura: la numismatica. Riuscì a portare a termine prima della morte il libro dedicato alla sua grande passione, Signorie e Principati: monete italiane con ritratto dal 1450 al 1796.
Purtroppo prematuramente, nel 1984 Ravegnani dovette soccombere alla malattia: lasciava in eredità la passione per l’architettura ai figli Roberto e Gabriella – divenuti anche loro celebri progettisti – e la bellezza delle sue realizzazioni a noi tutti.
Note
1Le citazioni sono tratte da Mario Ravegnani Morosini, La casa individuale in Italia, Milano, Gorlich, 1957.
Ariminum, maggio giugno 2018
Buongiorno Andrea, mi chiedevo se anche il palazzo della finanziaria Coges non possa essere progetto dell’architetto Ravegnani…
Buongiorno Paola. Non saprei rispondere a questa domanda ma credo che i figli, Roberto e Gabriella tuttora attivi e in possesso dell’archivio del padre, possano dare queste informazioni. Ravegnani ha lasciato un segno inconfondibile nella nostra città e ha anche portato alcune innovazione che molti poi in qualche modo hanno utilizzato
Buongiorno
Una curiosità l’architetto Ravegnani ha progettato anche a Lignano Sabbiadoro nota località turistica balneare in Friuli?
Ho chiesto al figlio, l’arch. Roberto Ravegnani Morosini il qaule mi ha risposto: “guardando il curriculum di mio padre vedo che figura la progettazione e la realizzazione di “villa Veronese” a Lignano nel 1955”.
Mi interessa anche conoscere testi riguardanti la presenza e l’opera di architetti romani di epoca fascista a Rimini.
Credo che il gruppo di Lapadula sia intervenuto a Rimini ma solo nel secondo dopoguerra con il progetto “Nuova Rimini”. Occorre verificare se c’è la presenza di qualcuno di loro nella formazione del piano Regolatore presentato da Mattioli a metà degli anni Trenta e rimasto prevalentemente sulla carta