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Uno strano balletto sulla pelle di otto milioni di studenti si sta verificando in questi giorni: scuola in presenza, scuola in DDI (che non è la variante di un insetticida ma l’acronimo di Didattica Digitale Integrata), scuola mista. Una giravolta surreale di sigle e formule e quindi di forma e non di sostanza.

C’è chi si fa un punto di onore che le scuole non chiudano e siano in presenza, dando dei numeri che dimostrano che la Statistica è un’opinione.

Questa è la forma. Ma la sostanza qual è? Quasi ogni classe di fatto ha alunni a casa e quindi in DDI. Perciò in presenza sì ma non troppo. Presenza parziale o DDI parziale? Bicchiere mezzo vuoto o mezzo pieno?

Nessuno però si è mai chiesto quale effetto abbia sull’educazione questa forma di scuola strana, per cui alcuni sono nelle aule altri a casa. É chiaro che si creano in questo modo enormi differenze, discriminazioni e disuguaglianze, perché necessariamente chi è a casa, in rapporto a coloro che sono in aula, pur con tutte le cautele dei docenti, diventa figlio di un dio minore.

Dai discorsi che si sentono, svolti in generale da chi non ha mai insegnato nei nostri istituti, pare che l’importante sia che la scuola diventi una gigantesca bambinaia, cioè che i professori badino gli alunni cosicchè i genitori possano andare a lavorare.

Non importa la diffusione dei contagi a scuola e nei mezzi di trasporto, regolati da «grida» inapplicabili buone solo per la propaganda. I grandi capi tirano a campare cambiando quotidianamente decreti, protocolli, format, tracciamenti, quarantene: di fatto scaricano i problemi sulla scuola stessa e aggravano la burocrazia per gli insegnanti, a scapito della lezione, pur di aggiustare ai desiderata la realtà; salvo poi, a pandemia finita, poter trionfalmente annunciare di aver avuto ragione.

Io invece avevo avuto una visione dove tutti si preoccupavano di capire quale fosse il modo migliore per insegnare agli studenti, problema che al contrario non interessa e non appassiona: come si è svolta la scuola e le difficoltà incontrate da chi ci opera sono un argomento trascurabile.

E l’educazione è la prima vittima.

Ariminum, gennaio febbraio 2022